Illycaffè e Lavazza per la prima volta insieme, ma per la ricerca. Le due aziende italiane hanno dato il via a una collaborazione scientifica per studiare il caffè. Il primo passo è stato presentato questa mattina a Milano, ovvero i risultati del sequenziamento del genoma di Coffea arabica, la varietà più diffusa al mondo. Un unicum nel panorama della ricerca genomica mondiale, che apre la strada a futuri sviluppi dal punto di vista scientifico e agroalimentare, con conseguenti ricadute a livello economico lungo tutta la filiera del caffè e con il coinvolgimento di tutti i Paesi produttori e consumatori.
Lo studio, esclusivamente italiano, è stato condotto dalle Università di Padova, Trieste e dall’Istituto di Genomica Applicata di Udine, con il coordinamento del professor Giorgio Graziosi di DNA Analytica Srl, spin off dell’Università di Trieste.
“Questa ricerca è momento di orgoglio per il nostro Paese – dichiara Giuseppe Lavazza, vice presidente di Lavazza e chairman di Initiative for Coffee & Climate – International Coffee Partners – perché vede noi italiani in prima fila. Oltre, naturalmente, all’importanza dei risultati che produrranno ricadute positive su tutta la filiera del caffè, dall’origine fino al consumo”.
Lo studio, durato un anno e mezzo, ha permesso per la prima volta di decodificare la base genetica di questa specie di caffè – che rappresenta circa il 70% della produzione mondiale di caffè ed è presente in tutti i Paesi produttori – e di organizzare sistematicamente i risultati ottenuti, rendendoli disponibili per possibili applicazioni agronomiche e industriali.
“Si tratta di un progetto di ricerca molto ambizioso, che ha visto per la prima volta il sequenziamento e la ricostruzione del genoma di un organismo tetraploide, il doppio del DNA del caffè Robusta”, spiega il professor Graziosi. “Una delle maggiori difficoltà è stata quella di distinguere le sequenze derivanti dai due genomi progenitori, la Coffea canephora e la Coffea eugenioides, estremamente simili tra loro. Peculiarità che ha reso la ricostruzione del genoma di Arabica ancora più complessa, ma che ci rende particolarmente soddisfatti di essere riusciti ad arrivare a una buona decifrazione attraverso il sequenziamento di varie genoteche. Un importante lavoro per la comunità scientifica che si occupa di caffè”. I risultati porteranno un significativo miglioramento delle pratiche agronomiche e, in generale, ad assistere a un incremento della produttività delle coltivazioni di caffè. Sarà possibile, ad esempio, ottenere una sincronia di maturazione dei frutti. Si potranno individuare i geni che conferiscono maggiore resistenza alle malattie e alle infezioni delle piante e ottenere un migliore adattamento delle coltivazioni a condizioni sfavorevoli, legate a determinate caratteristiche del terreno o a fattori climatici.
“Il caffè sta decisamente vivendo una stagione positiva, grazie a quelle che sono le tre virtù della nera bevanda: piacere, salute e sostenibilità” – affermaAndrea Illy, presidente e amministratore delegato di illycaffè e chairman del Promotion and market development committee dell’International coffee organization. “Ma dobbiamo attrezzarci per affrontare le sfide del futuro: la necessità di incrementare la produzione migliorando continuamente la qualità, aumentare la biodiversità mitigando gli effetti negativi del riscaldamento globale”. I consumi del caffè stanno crescendo del 2,5% all’anno, in tutti i Paesi, Stati Uniti in primis. “Questo significa – avverte Illy – che già nel 2020 dovremo prevedere un incremento di produzione pari alle quantità realizzate attualmente dal Vietnam, ovvero il secondo Paese produttore al mondo. Non sono sfide da poco, tenuto conto del riscaldamento globale che porta nella direzione opposta”. Sul versante del piacere, grazie alla conoscenza del genoma del caffè, si potrà stimolare la biodiversità attraverso tecniche naturali e permettere così una maggiore segmentazione del mercato, come richiesto dai nuovi consumatori: la maggior parte dei caffè oggi in commercio, infatti, proviene dalla stessa pianta. “E poi c’è tutto il capitolo sulla salute – conclude Illy –. Ormai le qualità benefiche del caffè sono risapute, ma la scoperta va continuamente alimentata”.
Il secondo passo di questa collaborazione sarà poi la creazione di un comitato scientifico permanente patrocinato da illicaffè e Lavazza, con le Università, per stabilire una modalità di impiego dei risultati ottenuti, di diffusione alla comunità scientifica (i dati saranno messi a disposizione dei ricercatori) e di prosecuzione degli studi. “Credo nel ruolo e nel dovere fondamentale di mecenate da parte dell’industria italiana per sostenere la ricerca – sostiene Lavazza. Risorse e idee non possono essere alimentate solo attraverso fondi pubblici, ma dovrebbero essere sostenute in gran parte dai privati”. Un impegno preso anche da Illy, e che avrà diffusione attraverso l’Università del caffè di Trieste.
Lo studio, esclusivamente italiano, è stato condotto dalle Università di Padova, Trieste e dall’Istituto di Genomica Applicata di Udine, con il coordinamento del professor Giorgio Graziosi di DNA Analytica Srl, spin off dell’Università di Trieste.
“Questa ricerca è momento di orgoglio per il nostro Paese – dichiara Giuseppe Lavazza, vice presidente di Lavazza e chairman di Initiative for Coffee & Climate – International Coffee Partners – perché vede noi italiani in prima fila. Oltre, naturalmente, all’importanza dei risultati che produrranno ricadute positive su tutta la filiera del caffè, dall’origine fino al consumo”.
Lo studio, durato un anno e mezzo, ha permesso per la prima volta di decodificare la base genetica di questa specie di caffè – che rappresenta circa il 70% della produzione mondiale di caffè ed è presente in tutti i Paesi produttori – e di organizzare sistematicamente i risultati ottenuti, rendendoli disponibili per possibili applicazioni agronomiche e industriali.
“Si tratta di un progetto di ricerca molto ambizioso, che ha visto per la prima volta il sequenziamento e la ricostruzione del genoma di un organismo tetraploide, il doppio del DNA del caffè Robusta”, spiega il professor Graziosi. “Una delle maggiori difficoltà è stata quella di distinguere le sequenze derivanti dai due genomi progenitori, la Coffea canephora e la Coffea eugenioides, estremamente simili tra loro. Peculiarità che ha reso la ricostruzione del genoma di Arabica ancora più complessa, ma che ci rende particolarmente soddisfatti di essere riusciti ad arrivare a una buona decifrazione attraverso il sequenziamento di varie genoteche. Un importante lavoro per la comunità scientifica che si occupa di caffè”. I risultati porteranno un significativo miglioramento delle pratiche agronomiche e, in generale, ad assistere a un incremento della produttività delle coltivazioni di caffè. Sarà possibile, ad esempio, ottenere una sincronia di maturazione dei frutti. Si potranno individuare i geni che conferiscono maggiore resistenza alle malattie e alle infezioni delle piante e ottenere un migliore adattamento delle coltivazioni a condizioni sfavorevoli, legate a determinate caratteristiche del terreno o a fattori climatici.
“Il caffè sta decisamente vivendo una stagione positiva, grazie a quelle che sono le tre virtù della nera bevanda: piacere, salute e sostenibilità” – affermaAndrea Illy, presidente e amministratore delegato di illycaffè e chairman del Promotion and market development committee dell’International coffee organization. “Ma dobbiamo attrezzarci per affrontare le sfide del futuro: la necessità di incrementare la produzione migliorando continuamente la qualità, aumentare la biodiversità mitigando gli effetti negativi del riscaldamento globale”. I consumi del caffè stanno crescendo del 2,5% all’anno, in tutti i Paesi, Stati Uniti in primis. “Questo significa – avverte Illy – che già nel 2020 dovremo prevedere un incremento di produzione pari alle quantità realizzate attualmente dal Vietnam, ovvero il secondo Paese produttore al mondo. Non sono sfide da poco, tenuto conto del riscaldamento globale che porta nella direzione opposta”. Sul versante del piacere, grazie alla conoscenza del genoma del caffè, si potrà stimolare la biodiversità attraverso tecniche naturali e permettere così una maggiore segmentazione del mercato, come richiesto dai nuovi consumatori: la maggior parte dei caffè oggi in commercio, infatti, proviene dalla stessa pianta. “E poi c’è tutto il capitolo sulla salute – conclude Illy –. Ormai le qualità benefiche del caffè sono risapute, ma la scoperta va continuamente alimentata”.
Il secondo passo di questa collaborazione sarà poi la creazione di un comitato scientifico permanente patrocinato da illicaffè e Lavazza, con le Università, per stabilire una modalità di impiego dei risultati ottenuti, di diffusione alla comunità scientifica (i dati saranno messi a disposizione dei ricercatori) e di prosecuzione degli studi. “Credo nel ruolo e nel dovere fondamentale di mecenate da parte dell’industria italiana per sostenere la ricerca – sostiene Lavazza. Risorse e idee non possono essere alimentate solo attraverso fondi pubblici, ma dovrebbero essere sostenute in gran parte dai privati”. Un impegno preso anche da Illy, e che avrà diffusione attraverso l’Università del caffè di Trieste.
Fonte: Il Sole24Ore
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